sabato 24 gennaio 2015

Il lagher nella mente.

Una voce interiore ti spinge a rimanere rannicchiata in posizione fetale in quell'angolino, situato all'estremità più vicina al muro contro il quale poggia il tuo letto. Il tuo letto che si trasforma in protezione, in nascondiglio; come conferma il plaid che ti copre completamente, fin sopra i capelli...e il viso sprofondato nel cuscino.
Già, il rassicurante nascondiglio. La protezione, la rassicurazione dal mondo esterno, che infonde estremo timore. Non ti senti pronta ad affrontare ciò a cui andrai incontro nella tua giornata, non ti senti abbastanza forte, combattiva... ma solamente esausta.
Ecco ogni inizio delle mie giornate. Bloccata in quel nascondiglio, in quella grotta che mi protegge anche da me stessa, o almeno così mi fa credere.
La svolta arriva solo tramite un aiuto esterno, una mano che mi prende per un braccio e, ripetendomi sempre "prima o poi ti si staccherà", mi solleva fino a farmi ritrovare seduta; poi lacrime; poi una carezza; poi il famoso braccio viene ri-sollecitato per completare l'intento iniziale e riuscire a farmi alzare.
E da qui continua la lotta, la battaglia, la mia guerra.
Il peso che spaventa: Hitler mi sussurra che sto sbagliando tutto, che devo tornare indietro, che chiusa in una cuccetta del suo lagher tutto sarà sotto controllo.
Ma la sua voce rassicurante la devo ignorare: faccio colazione; le sue parole che si ripetono nella mente.
Ma io mangio.
Angoscia, senso di colpa, bisogno di farsi male, di vomitare tutto ciò che ho dentro: dal cibo, alla rabbia, alla stanchezza, a tutto ciò che il lagher mi infligge quando meno me ne accorgo.
Sì, Hitler mi illude, non posso ascoltarlo. Hitler mi abbraccia, ma le sue braccia somigliano a catene.


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