lunedì 11 maggio 2015

SCHEGGE che trafiggono.

Dolore straziante.
Rabbia immensa, inquantificabile, non controllabile: entità malignamente suprema pervade invadente i più profondi cunicoli della tua anima.
Non si respira. Ti toglie il respiro.
Ti toglie la forza, la fiducia che lentamente stai cercando di costruire in te stessa.
Ti toglie la capacità di piangere. Nessuna lacrima osa uscire dai condotti di quegli occhi così spaventati, persi, soggiogati dal mostro contro cui combatti. Nessuna lacrima ora si vuole trovare a contatto con quell'obrobrio di aspetto che ti ritrovi, su quel corpo deforme con un'enorme pancia e le cosce che sembrano volere rapire ed imprigionare l'attenzione dei tuoi tristi occhi, litigandosela con i fianchi.
Lo specchio sembra rompersi in mille schegge che ti trafiggono, ma la realtà è che tu vorresti si rompesse per non doverlo affrontare e le schegge che ti trafiggono, beh... vengono esclusivamente da dentro te, come il dolore che avverti.

E che se ne vadano a quel paese tutte quelle persone che "Eh...vorrei capire come mai ti è successo tutto questo, davvero, sei una bella ragazza, hai 3456782900983764567839029387 qualità; Io davvero non capisco, eppure non pensavo volessi fare come le modelle..." MA COSA CASPITA STAI BLATERANDO SENZA UN MINIMO DI RIFLESSIONE?! MODELLE?!
E che se ne vadano a quel paese tutti quelli che per strada ti parlano solo per dire " Ehi bambolina! Dovresti metter su qualche chiletto, sai?" BAMBOLINA LO DICI ALLA BARBIE CON CUI POTRESTI GIOCARE AL POSTO DI IMPORTUNARE ME, VISTO CHE NON MI CONOSCI. NON SAI CHI SONO IO E PERCHE' IO SIA FISICAMENTE COSI'. LA BAMBOLINA E' UN GIOCO, LA SITUAZIONE IN CUI MI TROVO, LA MALATTIA CONTRO CUI COMBATTO, LA MIA PERSONA, NON SONO UN GIOCO.
E che se ne vadano a quel paese anche tutti gli altri dal "Sei troppo magra, devi mangiare!" al "Pastasciuttaaa! Ci vuole la pastasciuttaaaa!" CHE NON ARRIVANO A CAPIRE QUANTO QUESTE FRASI, SOPRATTUTTO L'IRRUENZA DELLA SECONDA, FACCIANO SENTIRE GIUDICATE E FACCIANO SOLO MALE, UN MALE ATROCE.

Non me ne frega niente delle modelle. Prendete la più bella in assoluto, guardiamola insieme: meravigliosa;
Ora, dentro a quel corpo ci sono io.
Aiuto. Sono enorme. Il naso è storto! Oh mamma mia cosa succede? i fianchi! Ho le braccia troppo muscolose. Che viso sciupato. Devo dimagrire. Faccio schifo...sì, nessuno mi potrebbe mai ammirare o addirittura desiderare... che schifo. E poi, chi potrebbe esser fiero me? Sono solo un'incapace. Mi dicono che sono bella, addirittura meravigliosa... ipocriti.

E ora la pastasciutta.
La pastasciutta, brutto insensibile, non riesco a mangiarla.
Ma questo non perchè io l'abbia deciso un bel giorno in cui mi sono alzata e detta "da oggi niente pastasciutta, viva i pasti senza pastasciutta, yeee che bello!". No, proprio no.
Io di alcuni cibi ancora ho il terrore.
E' contro tutto questo che combatto, sai?
PERCHE' QUESTO NON E' CHE LA PROIEZIONE DI UN DISAGIO INTERIORE.
NON BASTA "MANGIARE LA PASTASCIUTTA" per stare bene.
Mangiatela tu se ti fa sentire meglio, perchè siamo tutti diversi e abbiamo tutti dei trascorsi diversi: io non starei meglio. Se costretta la mangerei piangendo e poi, magari, nemmeno riuscirei a tenere quel "corpo estraneo", perchè è così che lo percepisco, all'interno del mio organismo.

Ci giudichiamo già abbastanza ogni millisecondo della nostra vita.
Basta.
Basta a tutti voi.
E basta a me stessa, te ne prego. Vai a quel paese pure tu quando mi giudichi così.
Basta schegge che mi trafiggono, voglio la libertà.


giovedì 7 maggio 2015

Diamo voce all'urlo soffocato in noi. - "Il drago va AFFRONTATO, non aggirato."

Pensieri, parole, animi stanchi.
Ma anche voglia di riscatto, di respiro, di vita.



-inviato da Gabriella


Provo a raccontarvi la mia storia sperando possa dare fiducia a chi DAVVERO vuole uscire dalla malattia. Leggo troppi post di persone che si dicono stanche distrutte affrante disperate…ma poi quando si parla di ricovero o anche di supporto psicologico o psichiatrico trovano mille motivi (scuse?) per non andare….
Mi sono ammalata durante la mia prima vacanza da sola, a 16 anni. Mi trovai male ma non chiesi aiuto a nessuno, mentendo anche a colei di cui più avrei dovuto fidarmi, la dispensatrice di cibo: mia mamma. E investii ogni energia in una dieta che mi facesse sentire meno brutta.
Tornai a casa ed ero anoressica.
I miei genitori se ne accorsero immediatamente e immediatamente, ad estate finita, cominciò il giro dei dottori, in un periodo in cui il disturbo alimentare era ancora un perfetto sconosciuto, studiato solo negli Stati Uniti. Psicologi, endocrinologi, psichiatri: dalla terapia della famiglia al rebirthing, e almeno dieci anni di psicacanalisi freudiana durante i quali imparai molto su me stessa, ritrovai pezzi di passato rimosso o sul quale avevo mentito a me stessa, ammisi episodi che ritenevo inconfessabili…
Negli anni passai alla bulimia, imparando a vomitare e come farlo da un libro.
Furono 15 anni di ricoveri, analisi, sintomi. E a margine una specie di vita: il po’ di lavoro e famiglia che riuscivo a gestire, amori chiaramente scelti perché mi facessero altro male. Spesi milioni delle allora lire (15 per essere precisi, una liquidazione di un lavoro precedente) in 6 mesi per mangiare. … finchè mi chiamarono per l’ennesimo ricovero.
Avevo da poco concluso un day hospital al San Raffaele di Milano, dove papale papale avevano detto ai miei che ero cronica. Il Dottor Dalle Grave dell’AIDAP – responsabile della struttura Villa Garda – mi aveva detto che ero grave ma io non mi sentivo per niente grave. Vomitavo anche 10 volte al giorno, pesavo 40 kg… ma tutto era sotto controllo.
Dicembre 2002 entro a Villa Garda
Sei mesi dopo: esco da Villa Garda
È maggio mi pare, o giugno. Sul lago c’è un clima meraviglioso, appena usciti con i miei facciamo una passeggiata tra i banchetti del mercatino. Ho una paura grigia… ma un miracolo è già avvenuto: il dottore che mi seguiva ha fatto di mia madre, colei che mi aveva detestata per averla messa in discussione come madre perfetta, colei che mi aveva – esasperata dai miei isterismi – buttata fuori di casa, la mia alleata nella terapia: se avessi avuto bisogno di attuare un sintomo, avrei chiesto aiuto a lei. Un’alleanza che ha ricostruito il nostro rapporto: paradossalmente nel momento in cui ero CHIARAMENTE e DICHIARATAMENTE malata, mia mamma ricominciò a stimarmi e a trattarmi da pari a pari.
Due donne forti che finalmente erano alleate e non nemiche… a volte basta così poco… ma sono percorsi che possono essere fatti solo sotto la guida di figure esterne e professionali.
Il miracolo successivo è stata la RINASCITA. Con il supporto – inizialmente importante – di psicoterapeuta e nutrizionista, non ho mai più avuto sintomi.
Ora, a distanza di 10 anni da quel miracoloso ricovero, sto cominciando a raccogliere i frutti del lavoro: a 45 anni mi sento bella, mi prendo (in modo sano, non fanatico) cura di me, ho imparato che comprare i vestiti adatti al mio corpo non è umiliante, ho gestito da capofamiglia due funerali, ho due lavori, ho imparato a non soffrire per amore. Ho imparato – se non a dire di no – a capire quando una cosa non voglio farla, e spesso dico di no perché sono gli obblighi, i doveri, la sensazione di gabbia a farmi regredire. Ho imparato che se una cosa non mi torna – se litigo, se non mi trovo bene con una persona, se qualcosa non mi viene perfettamente – non è necessariamente colpa mia ma potrei avere motivi validi almeno quanto quelli dell’altro. Ho imparato – quello credo di sì – a tutelarmi, sia pure in extremis, per non dimenticarmi mai completamente di me stessa.
Perché sto troppo bene ora, e la sola idea di tornare a quella malattia mi terrorizza: tempo e soldi, soldi e tempo. Tanto tempo in più, tutto il tempo che prima dedicavo al cibo ora è per me.
Certo, il rapporto con il cibo non è neutro, continuo – ma forse è il mio carattere sul serio – a non amare particolarmente la vita sociale, la compagnia delle persone. Ma dopo 15 anni di malattia, a 45 anni… di più non posso davvero desiderare!!!!
Del ricovero non racconto nulla tranne che è stata durissima. Ho guardato in faccia il cibo, ho visto svanire quello che fino ad allora era il senso della mia vita, strappato via con la forza. Ma il drago va affrontato non aggirato. Avere paura, disperazione, odio, schifo, terrore, solitudine ma riuscire a vincere. Perché non si è soli, ma si è circondati da persone competenti – affettive comprensive sì ma il giusto, non sono lì per darci ragione nei nostri sintomi e pensieri – pronte, come i bambini che imparano ad andare in bicicletta senza rotelle, a evitare che cadiamo mentre NOI pedaliamo.
Questo è stato per me quel ricovero.