Pensieri, parole, animi stanchi.
Ma anche voglia di riscatto, di respiro, di vita.
-inviato da Tristy
Sono giorni che cerco di mettere giù
due righe per raccontare la mia storia, ma come ogni pagina della mia
vita, ho scritto e riscritto per poi cancellare e buttare via tutto.
Chi sono io, non ha molta importanza,
almeno, per me non l’ha mai avuta.
Qualcuno mi diede il soprannome
“Tristy” e forse è davvero ciò che sono.
Ma andiamo per gradi…
Chi ero…
Al principio ero una bimba come tutte
le altre, amavo vestirmi da principessa e amavo sentirmi speciale.
Nonostante fossi molto graziosa ero
però in sovrappeso e questo ha condizionato buona parte della mia
vita, se non tutta la mia vita fino ad oggi.
“Sei cicciona!” mi dicevano…”Fai
schifo!” e ancora “Nessuno ti vuole, sei obesa” e piano piano
quella principessa dagli occhi sorridenti non esisteva più!
Passavano gli anni e la mia lotta
contro il peso si faceva sempre più ardua, dimagrivo e ingrassavo e
ingrassavo e dimagrivo. Ero sola, derisa da tutti, oggetto di ogni
sorta di angheria.
A scuola i peggiori tormenti, non
finivano mai.
Non ne potevo più, ero arrivata al
tracollo.
Poi l’ennesima delusione, quella più
grossa. E sono caduta.
Ho iniziato dapprima a mangiare meno, e
meno mangiavo e più dimagrivo e più dimagrivo e più le persone
iniziavano a considerarmi, e più rifiutavo il cibo e più mi sentivo
invincibile e più mi sentivo invincibile e più la depressione
prendeva il sopravvento.
Andai avanti così per qualche mese e,
28 kg in meno dopo, le cose divennero sempre più evidenti.
La gente mi guardava e bisbigliava, i
miei genitori parlavano di nascosto della mia condizione e mi
seguivano ovunque, anche in bagno.
Dapprima pensarono avessi iniziato a
drogarmi, poi capirono.
Provarono a parlarmi più e più volte,
mi imposero altre regole, vennero convocati a scuola, mi ero chiusa
in me stessa, i voti calavano, non avevo amici, ero sempre sola e
soprattutto: rischiavo l’anno!
Lessi la disperazione negli occhi di
mia madre e la delusione in quelli di mio padre.
Non reggevo i loro sguardi accusatori
ma ormai ero entrata nella spirale della depressione e non sapevo
come uscirne.
Tutti i giorni erano uguali, le
giornate erano tutte grige e insapore, i brutti voti continuavano ad
accumularsi così come le materie insufficienti fino a quando non
toccai del tutto il fondo.
L’ennesimo “3” costrinse la
professoressa a convocare mio padre e a renderlo partecipe del mio
piano auto-distruttivo.
Quando arrivò a casa neppure mi
guardava, era deluso, mi disse solo questo “sei la mia delusione
più grande!” e andò via.
Ci rimasi male, una persona nelle mie
condizioni avrebbe potuto interpretare quella frase come una condanna
a morte, invece io decisi che dovevo reagire.
Non potevo essere la delusione di
nessuno, specie di mio padre!
Così iniziai piano piano a riprendere
la mia vita normalmente, ricominciai a studiare e nel giro di due
mesi recuperai tutte le materie insufficienti.
Mi feci degli “amici”, mi fidanzai.
Ripresi gradualmente a mangiare e
ovviamente a prendere peso.
Ero tornata felice.
Ma non durò troppo, il mio metabolismo
ovviamente si era rovinato e quindi tutto quello che mangiavo lo
assimilavo e con gli interessi.
Ripresi tutto il peso perso e
ovviamente ci fu chi me lo fece notare e notare e notare e… caddi
nuovamente in depressione.
Il mio fidanzato mi diede tutto l’aiuto
possibile ed insieme uscimmo nuovamente da questa situazione, perso
peso, tornai serena e in forma, ma la spirale di cui sono vittima non
accenna a chiudersi.
Sono passati tre anni dall’ultima
volta in cui mi sono sentita bene con me stessa, oggi sono di nuovo
la Tristy ad un soffio dall’obesità.
La depressione è diventata la mia
compagna di viaggio, così come le mie crisi d’ansia e gli attacchi
di panico.
A nulla sono servite le medicine, una
volta chiusa la cura, sono tornata come prima anzi, peggio di prima.
Non c’è mattina in cui non mi alzo
dal letto e vedendomi non penso “Sei una cicciona di M..da! non
meriti tutto quello che hai, l’amore del tuo ragazzo, della tua
famiglia, la stima di chi hai attorno.”
Sono un continuo fallimento per me e
per chi mi sta vicino.
Ma continuo a lottare, ho intrapreso un
nuovo cammino verso la ricerca di me stessa.
I problemi alimentari non sono solo la
bulimia, o l’anoressia, l’ho imparato a mie spese.
Chi come me soffre di depressione e
trova conforto nel cibo ha una dipendenza, una patologia.
Ho imparato che è inutile nascondersi,
vergognarsi e non parlarne, solo affrontando il grande male lo si può
sconfiggere.
Un giorno ne uscirò, ne sono certa.
Non sarà oggi magari, ma un giorno.